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La Magia della Natura e le sue Meraviglie

venerdì 15 febbraio 2013

Racconti - IL MIRACOLO DELLA MONTAGNA



Continuo a pubblicare I RACCONTI di Pungitopo.
Anche questo racconto è ambientato in Alta Garfagnana,  a Capanne di Sillano.
   

     "IL MIRACOLO DELLA MONTAGNA".            

Eravamo negli anni settanta gli anni cosiddetti del “miracolo economico”.
Uno stipendio mensile di un operaio si aggirava attorno alle centomila lire un pacchetto delle famose Nazionali costava centoottanta lire, ed un litro di super...centosessanta lire(da farcisi la doccia !!).
Al festival di Sanremo la coppia Celentano Mori vinceva la competizione canora con la canzone: “Chi non lavora non fa l’amore”….. titolo facile per quei tempi.
Oggi se fare l’amore dovesse andare di pari passo con il problemi relativi al mondo del lavoro ……….quanta astinenza !!.
Erano tempi in cui “cominciava tutto” lontani e diversi dai tempi attuali dove sembra purtroppo stia “finendo tutto” !!.

Ma io fanciullo non mi rendevo conto dell'esistenza di quel particolare “fenomeno” che stava vivendo l'Italia, io ero intento a vivere un altro fenomeno che ogni estate si verificava ad un certo periodo, il mio personale fenomeno….. il “miracolo della montagna”.

Erano tempi in cui mio Babbo Nello e mio Zio Sergio il secondo fratello di mio babbo, gestivano in società un caseificio...il caseificio della Val di Cornia.
Si alternavano nella scelta delle due settimane di ferie che naturalmente consistevano nel tornare per quindici giorni a Capanne di Sillano nella loro casa di origine tra la loro gente, nella loro terra.
Una volta uno sceglieva luglio una volta l'altro sceglieva agosto...a me non me ne fregava niente, tanto comunque fosse andata rimanevo in montagna fino a qualche giorno prima che iniziasse la scuola a me stava bene qualsiasi periodo scelto……. non mi sono mai lamentato !!.

Mio Babbo all’epoca aveva acquistato la sua ultima vettura un maggiolino wolkswagen milleduecento di cilindrata, di un verdolino così strano ma così strano che oggi magari gli avrebbero fatto pagare un ulteriore tassa…….. quanto era strano quel verdolino.
Arrivava il giorno della partenza attesa da tutti con trepidazione (io e mio Babbo) temuta però da una persona sola mia Mamma.
Il pensiero di quel lungo viaggio di tutte quelle curve per una che soffre il mal d’auto, come lo soffre mia Mamma, deve essere stato sempre molto profondo e che le suscitava tutto meno che ….trepidazione.
Fino al ponte del Diavolo dove da sempre per me inizia la “mia montagna” le cose sono andate sempre discretamente, da lì in avanti iniziavano le prime curve e per mia Mamma iniziava la “il suo calvario”.
Arrivavamo al paese che mio Babbo aveva fumato due o tre pacchetti di stop senza filtro e mia Mamma era così provata che sembrava mi avesse regalato un altro fratellino o sorellina ma finalmente eravamo in montagna, si sarebbe ripetuto di nuovo quel meraviglioso miracolo di ogni anno il “miracolo della montagna”.
Passata l’eccitazione dell’arrivo che festeggiavo facendo un giro per tutto il paese, dalle “case di qua” (dove c’è la nostra casa) “alle case di là” avendo così modo di vedere se tutti gli altri miei coetanei/e fossero già arrivati e tutti mi salutavano e io salutavo tutti, salutavo gli alberi, salutavo gli insetti, salutavo le case.. salutavo tutto.

Sapevo che di lì a poco, massimo al mattino seguente, sarebbero iniziate le uscite a funghi
Arrivavamo sempre di mattina, Mamma permettendo…quindi potevo ipotizzare che nel pomeriggio con mio Babbo si potesse fare la prima uscita la prima ispezione, tanto per…ambientarsi….e così avveniva sempre e sempre riuscivamo in quella breve perlustrazione a fare una discreta raccolta.
Il mattino seguente dopo una notte praticamente insonne per l’emozione, partivamo, partivamo che era ancora buio, partivamo io mio Babbo e il Mitico Zio Battista (Bati).
Uscivamo presto perché andavamo a piedi verso i nostri posti, salivamo da dietro la Chiesa lungo il “canal della Chiesa” e percorrendo un sentiero di trasferimento salivamo ad una certa quota…a quota funghi !!.
Uscivamo presto perché trovarsi nel bosco negli attimi del suo risveglio è cosa unica fantastica, ti spalanca il Cuore, uno spettacolo a dir poco commovente.
L’aria fresca pulita frizzante che piacevolmente ti sveglia quasi a volerti mantenere vigile, cosciente spettatore attento, di quello spettacolo che con le prime luci dell’alba solo Madre Natura è in grado di mettere in scena con una regia da sempre e per sempre……perfetta !!.
Io attendevo con trepidazione.

L’odore di fragoline selvatiche e di terriccio, esaltato dall’umidità della rugiada notturna, erano i primi profumi che si percepivano…io dicevo: ” Babbo sento già odore di funghi…devono essere vicini…li sento"!!!..lui sorrideva e sapeva che davvero erano vicini, a quei tempi erano da tutte le parti…ovunque.
Poi i rumori il canto dei primi uccellini, le cinciallegre i tordi, le ghiandaie. gli imprevedibili merli.
Si faceva giorno le Alpi Apuane che dalle nostre zone di raccolta si vedono sempre di fronte grandiose, potenti di marmo…apparivano di un rosa lucente, vistoso…rilassante…struggente.
Quel grandioso spettacolo era come sempre da sempre e speriamo per sempre…iniziato.
Iniziavamo la raccolta di quei meravigliosi straordinari fantastici prodotti, che la Natura ci concedeva con estrema generosità di raccogliere……i funghi.
Resi lucidi dalla rugiada notturna leggermente bagnati, secondo come venivano maneggiati sembravano sfuggirti di mano e scivolando sembravano davvero animati…vivi !!.

Tutti uguali ma ognuno diverso dall’altro, ognuno a raccontare la stessa storia ma ogni volta una storia diversa, ognuno che ti provoca la stessa intensa immensa emozione…che subito passa, per ricomparire al ritrovamento successivo, a conferma appunto che la ricerca dei funghi è sempre uguale...ma ogni volta sempre diversa…sempre più coinvolgente ed emozionante, che si tratti davvero di una malattia ??.......Speriamo allora che nessuno riesca mai a trovarne la cura !!

Nel frattempo il risveglio del bosco era arrivato al culmine, i suoi abitanti iniziavano la propria attività, la lotta per la sopravvivenza……. la lotta per la vita.
Le Averle maggiori iniziavano a cacciare i grossi insetti che catturavano con improvvisi voli in verticale, una volta catturato scendevano si posavano su un albero di biancospino e infilzavano la preda in un aculeo, creando così la loro dispensa.
Le Ghiandaie gracchianti e attente sentinelle del bosco volavano di faggio in faggio ed emettendo il loro richiamo sembravano dirci: ”ma che cosa volete andate via, andate via”.
I Tordi invece in quei periodi, erano intenti a finire di allevare i loro piccoli nei loro grandi nidi.
Ne dovevano allevare tanti tantissimi, molti di più…che sarebbero serviti a soddisfare le esigenze dei cacciatori con le loro doppiette…erano tanto indaffarati…..troppo indaffarati…avevano un gran da fare !!.
I Merli sbucavano da ogni parte quando meno te lo spettavi, facendoti fare dei salti mortali dallo spavento si arrabbiavano pure e fuggendo con il loro schioccare nervoso te lo facevano nervosamente notare.

Una delle cose che amavo particolarmente, consisteva nell’affacciarmi di soppiatto, piano piano senza farmi sentire senza farmi vedere, ad un gozzo…tonfo…specchio d’acqua, che i numerosi canali formavano durante il loro percorso dalla montagna.
Questi Signori/e... miei mi hanno sempre offerto degli spettacoli straordinari.

Quando lo specchio d’acqua era sufficientemente grande, in fondo verso la parte dalla quale fuoriusciva l’acqua si vedeva sempre una trota che, appunto in corrente, se ne stava pronta a catturare una eventuale ed appetitosa probabile preda.
Di solito insetti, che venivano trasportati dalla corrente e le trote in torrente se ne stanno proprio là per cacciare, avendo inoltre anche un ottimo punto di vista, pronte a fuggire, al minimo pericolo nella propria tana situata sotto la schiuma prodotta dalla corrente del torrente.
Trote selvagge trote Fario purissime, come l’acqua in cui vivevano sane felici….e ottime !!.
A proposito di Trote e pescatori; al paese a quei tempi ne esistevano due, Beppe e Guglielmo.
Quasi tutti i pomeriggi sul tardi, preparavano la loro semplice essenziale ma efficace attrezzatura.
Canna di bambù, mulinello da pesca con la mosca, scatoletta con gli ami, scatoletta dei vermi, la cestina di vimini a tracolla per il pescato…e tanta tantissima esperienza.

Io guardavo affascinato quella attrezzatura, quelle scatole di ami, quelle scatole di vermi…quelle scatole di tabacco per fare le sigarette…qualcuno riusciva a farle con una sola mano.
Partivano quasi in contemporanea ma ognuno in un torrente diverso, scendevano a valle rispetto al corso del torrente, per poi risalirlo controcorrente, testando bozzo per bozzo se vi fossero Trote decise ad abboccare.
Poi si trovavano alla sera alla bottega di Salvino, dove c’era anche il bar, ci trovavamo tutti là alla sera…e là raccontando i propri risultati con rispetto e stima si prendevano in giro…tutti alla bottega di Salvino si prendevano in giro….con rispetto e stima…però !!
Mi insegnarono che i momenti più buoni, per pescare le trote erano quelli che precedevano un temporale.
Durante e dopo il nubifragio il torrente si sarebbe ingrossato e avrebbe costretto le Trote a rimanere intanate per contrastare la forza della corrente.
Le trote questo lo avvertivano in anticipo e per prevenire un digiuno forzato che non sapevano quanto fosse durato, mangiavano e abboccavano con più facilità.
Anche queste dovettero però subire l’avvento dei “moderni pescatori”, nuovi conoscitori di nuove tecniche, tra le quali quelle dell’uso della varichina (cloro)…qualche deficiente non esitò a gettare in un canale un discreto quantitativo di quella velenosa sostanza...immaginatevi il risultato !!.

Rane e Rospi, Salamandre Bisce e Colubri, abitavano lo stesso splendido condominio delle trote.
Allietato dal canto delle Ballerine bianche e gialle che riuscivano ad intonare il loro canto, con il suono prodotto da quelle stupende cascate di acqua pura e cristallina.

Ma il soggetto che mi ha sempre affascinato maggiormente era rappresentato da quello straordinario uccello che è il Merlo acquaiolo.
Non so quanti di voi abbiano avuto mai l’opportunità di vedere un Merlo acquaiolo nel suo ambiente naturale, svolgere le sue quotidiane attività...è fantastico.
Agile scattante nervoso irrefrenabile questo simpaticissimo pennuto è un vero portento della natura.
La sua attività si svolge appunto nello spazio offerto da uno specchio d’acqua, dove con estrema capacità si procaccia il cibo.
Tuffandosi in maniera fulminea e imprevedibile si procura le larve e gli insetti acquatici che fanno parte della sua dieta alimentare è un vero e proprio…. piccolo siluro.
Io l’ho sempre paragonato ad un atleta, in particolare ad un tuffatore.
Infatti con il suo continuo ballettare, spostarsi velocemente sembra voler presentare il proprio esercizio che termina sempre con uno spettacolare...tuffo.
Ma al contrario di un tuffatore umano che deve offrire il massimo durante l’entrata in acqua, questo simpatico uccelletto offriva la parte migliore dell’esercizio con...l’uscita dall’acqua.
Lo vedevi ricomparire su un sasso dal nulla...usciva dall’acqua con una velocità impressionante…asciutto ed impettito come quasi a voler raccogliere applausi strameritati e magari…splash....si rituffava di nuovo.

Sarei rimasto ad ore a guardare…e forse qualche volta ci sono anche rimasto.
Ma il più delle volte piano piano così come ero entrato in quel fantastico scorcio di vita, altrettanto piano piano cercavo di uscirne...senza disturbare, dispiaciuto del fatto di non aver potuto ringraziare quegli straordinari e inconsapevoli attori, con un meritatissimo applauso.

Tornavo a dedicarmi alla ricerca e raccolta dei funghi richiamato anche dai miei, che ad ogni ritrovamento particolare, per grandezza o per caratteristica, volevano sempre che io lo vedessi…ah, avere avuto a quei tempi, l’attrezzatura fotografica così facile da usare, da reperire come quella che abbiamo oggi….sarebbe bastato un semplice telefonino.

Ora ho capito perché volevano sempre farmi vedere tutto, perché sapevano che sarebbe diventata la mia memoria di immagini, era successo così anche a loro e loro volevano che continuasse a succedere.

Quando tra i faggi appariva un prato, ricco di piante e frutti di mirtillo nero e rosso, rappresentava ancora una possibile occasione per nuove affascinanti scoperte.
In quei prati nascono ancora oggi dei “rossi” da spavento, così grossi sani, potenti che se attaccati alle radici e ai rametti dei mirtilli, occorre del tempo per raccoglierli senza sciuparli...come si dice:…”fanno un po’ ammattire”ma sono tanto, tanto…” tantissimo belli”.
Poi avevo l’opportunità arrivandoci sempre con molta calma e circospezione, di poter avvistare un bell’esemplare di Lepre, che da sempre adorano stanziare in quei luoghi, a quei tempi tranquillissimi.

A quei tempi l’unico cacciatore del paese era Cardella.
Cardella era un omino piccolissimo magro, ma tanto tanto buono.

Aveva uno schioppo vecchissimo e io avevo sempre paura che sparando o gli esplodesse, o se tutto avesse funzionato, che il semplice rinculo dell’arma avesse potuto lanciare il povero Cardella…sulla luna, per fortuna non l’ho mai sentito sparare un colpo…..avrà mai sparato un colpo...Cardella ???.
Aveva degli splendidi Segugi Italiani e con questi andava a “dar dietro” alle Lepri intorno tutto il paese, si sentiva il latrare dei segugi…ma per fortuna non si è mai sentito... sparare.
Tutti volevano bene a Cardella ,anche i suoi cani, anche le lepri…..anch’io.

Mi sdraiavo tra i mirtilli e nel cielo di solito si vedevano volteggiare grossi e possenti rapaci, le Poiane, già tradite però dall’enorme frastuono delle ghiandaie, che notata la presenza di quei “cacciabombardieri” nel cielo, si affrettavano, da buone “zitelle” ad avvertire tutto il bosco.
Sopra le Poiane, le scie bianche degli aerei nel cielo….unico segnale di ritorno alla realtà.

Arrivava l’ora di rientrare, carichi di funghi percorrevamo il sentiero al contrario, si doveva sempre uscire da dove eravamo entrati, era la regola scendevamo lungo il “canal della Chiesa”…dietro la Chiesa e tornavamo a casa.

Questo accadeva in pochissime ore, non stavamo fuori per molto.
Poche ore ma che sembravano una piacevolissima…eternità, era facile semplice perdere la cognizione del tempo…era necessario volendo contemplare quelle meravigliose immagini.. era inevitabile, inevitabile anche per me che ancora fanciullo…riuscivo comunque già a farmi rapire da quello straordinario e incommensurabile spettacolo, dal… “MIRACOLO DELLA MONTAGNA”.
                                                                                                                                           (Pungitopo).

- "A torto si lamentan li omini della fuga del tempo, incolpando quello di troppa velocità, non s’accorgendo quello essere di bastevole transito; ma bona memoria, di che la natura ci ha dotati, ci fa che ogni cosa lungamente passata ci pare esser presente". (L. Da Vinci).



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